mercoledì 28 dicembre 2011

Esercizio N.1 - Epilogo

Da pag.3 del Malingut N.5

È pomeriggio e al TV c’è Magalli in linea con una casalinga tutta presa dal servizio di piatti in melammina di Pukka, (“perché signora questi sono infrangibbili”). Sull’1 dan solo preti però sul 2 c’è L’isola dei Famosi... e c’è un culo, sporco di fango.
Sul 4 c’è un culo e basta e sta conducendo il tg (Darwin avrebbe molto da dire). Sul 6 c’è un culo e sta preparando una ricetta (Freud avrebbe molto da dire). Il tre e il sette sono off limits.
Ma sul 5,
sì,
su CANALE 5 c’è Lei.
Essa.
“Soave, vergine e madrina” (per dirla con Pueno), nutrice catodica, badante audiovisiva, chiaro esempio di nanny broadcasting, tutta donna, la Barbarona nazionale, gonfia, bella.
Sta piangendo, puveriella. Piange al sentire la storia di Marco che ora è Annalisa, piange per Rosina che prende 400 euro di pensione, piange per Assunta investita dal pirata della strada, piange per Ralph trovato legato al guard rail.
Dedica applausi. Lancia appelli. Accoglie materna tra le sue tettone.
Mi sarebbe piaciuto blaterare di tutto questo nuovo rotocalco sturm und drang col vecchio bavoso di fronte alle bustine di zucchero, ma vengo a sapere celere dall’oste (grazie oste) che l’assenza del mio compagno di psicotico delirio si deve proprio al programma pomeridiano della d’Urso, aggiungendo solerte (e convinto di farmi un piacere) che, dacché gestisce il bar, non l’ha mai visto perdersene neanche un secondo.
Non mi meraviglio.
In fondo, povero pazzo, che male fa? Giacché quella di farsi i cazzi degli altri è natura intrinseca della sua condizione di vecchiaccio, che almeno se li faccia virtualmente col Telefunken.
Poi il barista, inaspettatamente aggiunge:
“Poveraccio...”
“Perché?”
“Sei anni fa, in Afghanistan: gli è morto il figlio”.

Esercizio N.1 - Prologo

Da pag.3 del Malingut N.5

Barbara

Perdonate l’irruenza di questo preambolo laido e sconsiderato ma urge, in ossequio al tanto agognato quieto vivere, chiarire fin d’ora la mia netta e inamovibile posizione riguardo un tema a mio (insignificante) avviso pregnante vista la sua esplicita e quanto mai impellente connotazione socio-antropologica: non vuole dunque essere il mio un proclama eugenetico né tantomeno un manifesto-crociata a danno di una seppur sempre crescente minoranza.
Anzi...
Sì.
Perché quella del “vecchiaccio” viene di fatto - e con manifesta evidenza - a presentarsi non più come semplice e greve alternativa formale al ben più agevole “anziano” o - allorché il triviale sposa sfiorando lieve il poetare – “vecchio”, ma bensì sottoforma di chiara e decisa affermazione di una “categoria dello spirito” comunque restia al divenire vera e propria identità riconosciuta, vuoi per la palese genuflessione gerontocratizzante nei confronti di quel sibillino cancro che è il “politically correct”, vuoi per la volontà dei Governi di sollazzarsi in onanismi fiscali e previdenziali, vuoi perché, più prosaicamente, chissenefrega.
Ebbene: il “vecchiaccio” non è banalmente il semplice prodotto di una barbarie lessicale.
Il “vecchiaccio” C'É ed ESISTE non (solo) come scorbutica figuretta da ballatojo, come scatarrante feticcio di giovani Pelè da cortile ma, al contrario, come rilevante realtà antropologica capace di condizionare non poco le dinamiche intrinseche dei comportamenti all’interno di una società complessa.
Come già brevemente accennato, ma è bene ribadire, il “vecchiaccio” si presenta ineluttabilmente, ed è condizione necessaria e determinante in toto la sua esistenza ed essenza stessa, come rompicoglioni: a differenza del “vecchio”, per il quale au contraire è sua ammirevole virtù quella di spacciare la propria demenza senile per estrema e ineffabile gioia pel vivere sublime, il “vecchiaccio” sa tingere indelebilmente di misantropia scellerata la propria andropausa galoppante, regalando a piene mani oceani di merda e al quotidiano convivio e all’ignaro forestiero evaso dal condominio attiguo, avvalendosi così dell’invidiabile appellativo di “copropoeta”.
Parafrasando il beneamato Jean Paul, l’inferno sono gli altri per lui.

Barbara d’Urso è la figlia che ogni vecchiaccio vorrebbe avere.

Ecco il nostro. Vecchio. Anzi, vecchiaccio.
Lasciata per un istante la vedetta, eccolo scendere le scale con sciancata bestemmiaggine. L’ascensore non lo prende mai perché ha paura di incrociare il punkabbestia del piano sopra, che puzza e ha le pulci. Ma questo è ovvio.
Esce dal retro, altero.
Gli brucia la facciaccia
è colpa dell’inquinamento.
Nuova Fuliggine Industriale
No amico mio, si chiama “ossigeno”.
Ecco il nostro. Vecchio. Anzi, vecchiaccio dirigersi biblico smorfiosetto verso l’ara al piano terra, simulacro dei faticanti a mezzodì, neapolis al numero civico, agorà orwelliana.
Il bar.

Numero5: Rosa & Nero

Amore e morte sono cugini.
E il Malingut è loro cognato.
Ecco il nuovo tempestoso quanto estemporaneo, ludico quanto lubrico, numero di questa meravigliosa rivista...
Buona lettura digitale!

Copia e incolla nella barra degli indirizzi e vedrai la luce: http://issuu.com/malingut/docs/rosa_nero_consultazione

mercoledì 19 ottobre 2011

Numero 4: Rumore & Silenzio

Indossate le cuffie, sistemate i tappini di cera, avvicinatevi alle casse, infilatevi i diti negli orecchi: il Malingut numero quattro è arrivato, e non vede l'ora di roteare attorno alle vostre coclee... Rock around the clock!

link: http://issuu.com/malingut/docs/rumore_e_silenzio_consultazione

(copia e incolla nella barra degli indirizzi)

domenica 11 settembre 2011

Numero 3: Mare & Montagna

L'estate sta finendo, e anche le copie cartacee del malingut di Luglio/Agosto... Per i disattenti o sfortunati, ma fedeli lettori, ecco la svavillante copia digitale di questo terzo numero sbarazzino e frizzante. Siamo certi che vi riporterà alla mente le mirabolanti avventure estive, i baci tra le cabine, le danze coi cinghiali, i cocktail alla papaya e la polenta taragna.
Già che ci siamo... l'argomento del prossimo numero sarà Rumore/Silenzio... mandateci racconti, poesie, istogrammi, fantasmagorie, capsule di petri, denti da latte alla mail redazione.malingut@gmail.com .

A presto, malingutti!

http://issuu.com/malingut/docs/03_mare_e_montagna-consultazione
(copiate il link e incollatelo nella barra degli indirizzi, zii...)

venerdì 24 giugno 2011

Universitè de la Douleur "Marquis De Sade" pt.2

Continuazione dell'articolo a pag.9 di Malingut n.2 "Utopia&Distopia"

DIDATTICA:

L'offerta formativa dell'Université de la Douleur si sviluppa in due anni accademici durante i quali si svolgono corsi, seminari e laboratori.
Il primo - introduttivo - è votato a fornire allo studente una panoramica generale dei metodi, della storia e dei concetti fondamentali che stanno alla base della disciplina del dolore, nonché una prima infarinatura di pratiche della sofferenza.
Il secondo - specialistico - è suddiviso in due curricula: sadistico e masochistico. Il curriculum sadistico persegue l'intento di formare individui perfettamente edotti circa le pratiche e le teorie inerenti la sofferenza inflitta: il laureato in questo ambito potrà esercitare qualsiasi forma di violenza nei confronti di suoi simili, di animali o dell'ambiente senza sentire alcun rimorso, godendo anzi della libertà che scaturisce da una condotta che mira a raggiungere un qualsiasi fine senza adeguarsi a precetti morali di sorta.Il curriculum masochistico, invece, mira a fornire una preparazione completa circa la pratica e la teoria del dolore subito: il dottore in tale disciplina sarà in grado di sostenere qualsiasi sopruso fisico, etico, spirituale e civile senza percepirlo come danno alla propria persona, anzi, traendone diletto, piacere e gratificazione.

Alla fine del secondo anno è previsto un esame in forma di saggio dimostrativo: diverse equipe di studenti del curricula sadico presentano dei progetti di sofferenza inflitta pensata per singoli o gruppi, mentre quelli del curricula masochistico si preparano per partecipare in guisa di cavie agli esperimenti proposti dai loro colleghi.
L'evento si svolge nell'anfiteatro - chiuso a chiave per evitare sgraditi sguardi esterni - lungo un periodo di tempo che va dai 6 ai 18 giorni e vi partecipano tutti gli studenti e i docenti. L'ultimo giorno una commissione di professori dell'accademia si riunisce col preside per decidere votazioni e bocciature. Solitamente se il progetto presentato dai laureandi in sadismo si rivela capace di mantenere il suo intento - cioè di provocare un dolore insopportabile anche per gli allenati colleghi masochisti -, le cavie che vi sono state sottoposte si suicidano in modo cruento e raccapricciante; questo macabro rituale ha lo scopo - oltre che di dilettare i sadici che le hanno sconfitte - di permettere ai perdenti di conseguire comunque una laurea ad honorem postuma. Se invece avviene l'opposto, cioè le cavie sopportano stoicamente le efferratezze dei loro carnefici, questi ultimi verranno sbranati vivi dai loro compagni di corso sadici; tuttavia questo spargmos varrà loro l'agognato riconoscimento post-mortem.

Per finire, numerose borse di studio sono attive per dottori che vogliano intraprendere attività di ricerca all'interno o all'esterno dell'istituto.

GUIDA PER COMPILARE IL CARICO DIDATTICO:

Per ogni anno accademico lo studente iscritto ai corsi dovrà accumulare 60 Sofferti Crediti Universitari (SCU) ripartendoli nei vari settori disciplinari disponibili. Perchè il carico didattico sia compilato correttamente è sufficiente seguire le istruzioni presenti qui sotto.
N.B. Se il codice del settore disciplinare è seguito dal suffisso 01, vuol dire che si tratta di un corso tendenzialmente sadico, se invece è seguito dal suffisso 02, significa che è rivolto a soggetti d'indole masochista.

I anno
30 Sofferti Crediti Universitari (SCU) in Laboratori (LAB-01/LAB-02).
10 SCU in Storia della miseria umana (STO-01/STO-02).
10 SCU in Anatomia della sofferenza (BIO).
5 SCU in Arte & Letteratura del male (ART-01/ART-02)
5 SCU in Ermetismo e poteri occulti (ERM-01/ERM-02)

II anno
20 SCU in Laboratori(LAB)
10 SCU in Arte & Letteratura del Male (ART)
10 SCU liberi (da utilizzare come si preferisce, anche per seguire corsi dell'altro curriculum)
20 SCU per il saggio finale.



ELENCO DEI CORSI PER L' A.A. 2011/2012:

I anno

Laboratorio di arti marziali / Prof. Lurlo / LAB-01 / 10 SCU
Addestramento intensivo alle più letali forme di combattimento del mondo.
Laboratorio musicale 1 / Prof. Lo Stratega / LAB-01 / 10 SCU
L'essere umano come strumento a percussione. Imparare a suonarle di santa ragione.
Laboratorio musicale 2 / Prof. Pueño / LAB-02 / 10 SCU
La chitarra come cassa di risonanza della sofferenza emotiva. Testo consigliato: Mariottide, Nuovo canzoniere straziante, Ed. Lamerda, Campobasso 2010.
Laboratorio di gastronomia malvagia / Prof. Il Minotauro / LAB-02 /10 SCU
Allenamento della capacità di deglutire qualsiasi sostanza, edibile o meno.
Seminario di storia delle dottrine politiche / Prof. Gnè / STO-01 / 10 SCU
Teoria e pratica della strategia false flag. Massoneria e Stato. Golpe militare e Quarto Potere. Evola, Rauti, Delle Chiaie, Gelli. La destra extra-parlamentare nel '900 italiano.
Seminario di esegesi biblica / Prof. Corvotempesta / STO-02 / 10 SCU
E se Dio fosse Potenza e Crudeltà? Modulo1: Una rilettura apocrifa (ma non troppo) del libro di Giobbe e del Qoelet. Modulo2: L'Apocalisse come evento storico prossimo.
Anatomia del dolore / Prof. 3.1 / BIO / 10 SCU
Il corpo umano e la sofferenza fisica. Dove fa più male?
Letteratura del male 1 / Prof. Mitile Ignoto / ART-01 / 5 SCU
La risata come “monito sociale” in Bergson e la risata arcaica dell'eroe trionfante. Cinismo, sarcasmo e sfottò da Luciano di Samosata a Daniele Luttazzi.
Letteratura del male 2 / Prof. Amaryllide / ART-01 / 5 SCU
Sade, Baudelaire, Dostoevskji: per una poetica del male.
Storia violenta del teatro / Prof. Petrushka / ART-02 / 5 SCU
Terrore e pietà. Il piacere nella tragedia e la catarsi come forma di masochismo quotidiano.
Magia nera e sciamanesimo / Prof. Saune Restless / ERM-01 / 5SCU
Le leggi basilari del procedere magico (magia simpatica, magia per contatto). L'atto stregonesco attraverso il medium del sogno: come creare incubi.
Psicologia&perversione / Prof. S.P. Lovelast / ERM-02 / 5 SCU
Introiezione della libido e pulsione di morte: fantasie intrauterine, regressione infantile e autolesionismo.

II anno

-Curriculum sadico-
Laboratorio di arti marziali / Prof. Lurlo / LAB-01 / 10 SCU
Approfondimento delle arti marziali Thailandesi.
Laboratorio di Anatomia del dolore / Prof. Kussien / LAB / 10 SCU
Pratiche dolorose concernenti l'epidermide. Tatoo, piercing, scarificazioni, marchi a fuoco, uncini da macellaio, menomazioni genitali e non.
Laboratorio di magia nera / Prof. Saune Restless / LAB-01 / 10 SCU
Come costruire una bambola voodoo e come utilizzarla.
Seminario di letteratura del male / Prof. Amaryllide / ART-01 / 10 SCU
Storia del veleno nella letteratura: Da Socrate a Madame Bovary.
Storia delle dottrine politiche / Prof. Gnè / STO-01 / 5 SCU
Pulizia etnica e campi di sterminio nel '900.
Psicologia&perversione / Prof. S.P. Lovelast / ERM-01 / 5 SCU
Double-bind e altri metodi di comunicazione patologica che possono generare psicosi.

-Curriculum masochistico-
Laboratorio di ascesi / Prof. Corvotempesta / LAB-02 / 10 SCU
La privazione come via verso l'annichilimento dell'Io e l'autodissoluzione.
Laboratorio di Anatomia del dolore / Prof. Kussien / LAB / 10 SCU
Pratiche dolorose concernenti l'epidermide. Tatoo, piercing, scarificazioni, marchi a fuoco, uncini da macellaio, menomazioni genitali e non.
Laboratorio di teatro della crudeltà / Prof. Petrushka / LAB-02 / 10 SCU
Seguendo l'insegnamento di Artaud, si cerca di mettere in scena il corpo sofferente, il corpo martoriato e senz'organi. Ciò che l'attore rappresenta deve averlo patito realmente.
Seminario di letteratura del male / Prof. Mitilo Ignoto / ART-02 / 10 SCU
La tristezza del clown. “La commedia è una tragedia vista di spalle”.
Chimica malvagia / Prof. Il Minotauro / BIO-02 / 5 SCU
Linee di comportamento empiriche per una rigorosa autodistruzione fisica.
Difese psichiche / Prof. Pueño / ERM-02 / 5 SCU
Come sopportare la tensione, la responsabilità e le continue critiche quando si ricopre una posizione di potere.


Per ogni informazione, scrivete a redazione.malingut@gmail.com .

domenica 19 giugno 2011

Numero 2: Utopia&Distopia

Crisi economiche.
Guerre e rivolte.
Misteriose epidemie.
Cambiamenti epocali.
Stravolgimenti politici.
Prese di coscienza collettive.
Congiunture astrali attese da millenni...

L'Era dell'Acquario è arrivata!
... e Malingut Numero 2 - Utopia&Distopia con essa!

http://issuu.com/malingut/docs/02_utopia_distopia_consultazione

Spammate, Malingui e Malingue, spammate prima che sia troppo tardi!
E che gli androidi abbiano pietà delle vostre fragili vite...

mercoledì 18 maggio 2011

Ristampa digitale

Con un giusto ed ineliminabile ritardo, a pochi giorni dall'uscita del numero due, abbiamo risolto i problemi tecnici che impedivano di accedere alla copia digitale del numero uno senza essere iscritti a issuu.
Quindi, in fremente attesa di "Utopia&Distopia", per ora vi proponiamo una rilettura del numero su "Vecchio&Nuovo"... sgranchitevi le pupille.

http://issuu.com/malingut/docs/malingut

giovedì 7 aprile 2011

Lo Zappaterra_part.3

Terzo e ultimo capitolo del racconto "Lo zappaterra", continua dal post precedente...

Cammino. Mi piace e mi cura camminare. Non penso alla direzione, io cammino senza meta, senza scopo. Sono distratto e guardo a terra. Penso al colore grigio del cemento e al rumore dei miei passi, così leggero che non potrei mai lasciare impronte. Mi assalgono pensieri vorticosi. Mi chiedo se io, con tutte le mie fosse e catene, non sia poi uguale all'uomo paffuto e burbero che ho appena lasciato. Non ho voglia di rispondermi. Sono stanco. Stanco da morire e mi trascino per strade anonime, senza alcuna attrattiva. Dal cielo plumbeo inizia a cadere una pioggia sottile. Mi trascino ancora un pò. Delle persone mi passano a fianco, gli sguardi sono fissi su orizzonti lontani, non si guardano attorno, non guardano me, neanche di striscio. La solitudine è una compagna affidabile, c'è sempre, mi affianca e si appoggia a me. Non provo a ripararmi dalla pioggia, lascio scorrere le gocce piccole e brillanti sul viso e sui vestiti. In poco tempo sono fradicio, è una sensazone che non mi dispiace.
Oggi sono morto e ora non ho idea di che tipo di vita stia vivendo. Ricordo la vanga dello Zappaterra quando mi ha spezzato la testa in metà, ricordo la terra in bocca e la sensazione claustrofobica del respiro che non trova aria. Inspiro profondamente, come di riflesso a quella sensazione. Volgo lo sguardo al cielo, è enorme, un abbraccio grigio e senza pietà. La miseria del mondo è così triste che non posso sopportare ancora la vista della sua immensità.
La mia testa ricade verso il suolo, rassicurante suolo.

Uno strano sole lontano spunta tra le nubi e la pioggia smette di cadere. La nebbia, salendo, avvolge ogni cosa.
Una salita tortuosa mi porta su una collina. Gli alberi hanno rami fitti e occhi incavati, scrutano. Il ciottolato rosso su cui cammino è alternato da pietre bianche che formano l'immagine di una stella. Una stella bianca a cinque punte. Mi siedo su una panchina in pietra e guardo la sera farsi sempre più buia. Il sole è tramontato ammantato dalla nebbia.
Di fronte a me sta una chiesa, dietro ci sono tre faggi, alti e vecchi. Sulla destra invece c'è un cimitero, verso cui mi avvicino. Luci tremolanti illuminano piccoli nomi, scritti nella pietra.
Ho voglia di sdraiarmi, ho voglia di riposare, ho voglia di dormire. Se ci fosse una fossa per me mi ci addormenterei dentro. "Ma c'è una fossa per te!", dice una voce; nel panico mi giro, ma con la nebbia fitta non riesco a vedere nulla. Rimango allora immobile, fissando in direzione della voce, solo nebbia e lumini flebili. "Vieni!", urla di nuovo la voce con tono aspro e autoritario. Ma per me è impossibile muovere anche solo un dito. Non ho mai sentito il mio cuore battere così forte, in maniera così irregolare. "Sono io, non ricordi? Non ricordi te stesso? La tua stessa voce?" Dei passi che si trascinano nella ghiaia verso di me mi fanno capire a chi appartine la voce.
Lo Zappaterra affiora dal mare di nebbia. é molto più brutto e vecchio dall'ultima volta che l'ho visto. Mi sorride in maniera strana, forzata e sarcastica. I pochi denti che gli rimangono in bocca sono nero-giallastri, grandi rughe solcano il suo viso, pallido ma sporco. "Vieni, vieni a vedere!", dice, tirandomi per un braccio. Cammina curvo, quasi zoppicando.
"Guarda!". In una fossa appena scavata c'è un cadavere, un cadavere di una persona irriconoscibile, su cui banchettano contorcendosi centinaia di vermi. Io so di chi si tratta! Io so tutto, lo so. "Non ho mai visto una persona decomporsi in così poco tempo! E anche il tanfo è fuori dal normale!", esclama lo Zappaterra ridacchiando.
"Che tragedia! Eh, che tragedia! Vedere te stesso morto e in decomposizione! Incredibile! Ma sai, tu ci sei portato, hai una strana inclinazione a scomparire. Quante volte sei morto nella mente delle persone? Dimenticato, completamente dimenticato. Tu puoi vivere nei pensieri delle persone e poi esser dimenticato in due giorni! Sì, ci sei proprio portato! E, anche io, mi sono dovuto impegnare per ricordarmi della tua carcassa. Se devo essere sincero, me ne sono ricordato grazie al puzzo! Ah ah! é tempo che però tu scompaia veramente. Non ha senso che tu viva ancora in questo stato. Richiuderò la buca". Lo Zappaterra sembra immensamente sollevato, come se io fossi l'unico suo peso.
Rimango a fissare quello spettacolo orribile e mi sento i minuscoli morsi dei vermi addosso. Sento di essere incredibilmente morto, sento che la pressione del mondo ora è troppo forte per contenere anche me. Sensazioni simili ne avevo provate in passato, ma non così forti. Ora, davvero, sento che le mie catene non servono più a nulla e che, nello stesso tempo, stringono come mai prima.
Piango. Piango perchè, come i bambini, vedo che non ho altri mezzi per esternare il mio disappunto, la mia angoscia, il mio dolore.

E se i ricordi, che ci danno identità e sicurezza, facessero del male fisico? Se ci sentissimo davvero in trappola, ingabbiati dal passato e risucchiati dalla vita, questi ricordi avrebbero veramente importanza? Non lotteremmo con tutte le nostre forze per liberarcene e fuggire a quella stretta mortale?

Urlando nel pianto, sento di odiare i momenti belli. Momenti belli a cui mi sono legato e che ora sono l'unico, maledetto, ostacolo tra il dolore e la pace. La nausea più forte della mia vita mi costringe a terra, mi accascio nel malessere fisico della mia mente. Lo Zappaterra ora ride a squarciagola, non per la felicità, ma per la soddisfazione. Non è più il mio funzionario, non è più il mio schiavo, è libero. I suoi occhi, rossi e vecchi, sono la concretizzazione della vendetta. Io ho la testa così pesante che non posso più rialzarla. Mi rimbombano nella mente tutte le parole che ho sentito in vita, tutti i momenti e i respiri che ho voluto conservare. Vedo occhi, occhi azzurri, verdi e marroni girare vorticosamente verso l'infinito, verso la dissoluzione, come lacrime nella pioggia.

Va bene, va bene, mi arrendo. Voglio arrendermi. Ho vissuto finora nell'arrendevolezza, creando come punti fermi i pilastri del passato, ma ora basta. Ora davvero basta. Non voglio più vedere nessuno. Non voglio sentir nominare nemmeno un nome, neanche una data, neanche i giorni di quasi felicità. Stufo marcio, sono stufo marcio di quest'obbligo verso il passato.

Mi alzo. Sento vertigini, ma sono in piedi. Guardo di nuovo quel mucchio di carne divorato dalla terra e dai vermi. Mi tuffo. Mi lancio nella fossa piangendo. Abbraccio me stesso. Abbraccio quel mucchio di carne schifosa e puzzolente che ho tanto amato.
"Andiamo via! Andiamo via! Pace! Pace!", urlo a squarciagola, meravigliandomi di me stesso.

é questo che stringiamo a noi stessi per tutta la vita, un mucchio di terra e carne. E ne vale la pena? Ne vale la pena? Questa domanda mi scorre nelle vene in un secondo. Ne vale la pena?
"Sì!", è la risposta. Sì, ne vale la pena. Penso che non potrei proprio rinuciare a questo. Posso forse abbandonare la vita, ma non il vissuto.

Le mie catene! Afferro le mie catene con più forza possibile. Inutile dire che il dolore è più forte che mai, ma io mi ci aggrappo.
Rassicurante, fermo, immobile passato.

Meglio essere in una fossa con la terra in bocca, meglio essere in un incubo con tutte le mie maschere imbalsamate nella carne del passato, meglio essere prigioniero e incatenato ai macigni dei ricordi, piuttosto che essere risucchiato da quella bocca ingorda e ruminante della vita, che nel suo osceno pasto sputa morte le creature che ha masticato senza pietà né ritegno.


Corvotempesta.

martedì 29 marzo 2011

Lo Zappaterra_part.2

Ecco il secondo capitolo del racconto Lo Zappaterra (Continua da pag.7 di Malingut).


Vomitato dalla terra in un luogo stranamente familiare mi guardo attorno. Una figura lontana mi fa segno di avvicinarmi.

È paffuto, la faccia come un grugno. Siede con aria distratta e i suoi occhi fissano un punto indefinito, profondo ed evanescente.
Il primo pensiero che salta in mente a chiunque lo veda per la prima volta è che assomigli a uno gnomo o, che so, a un troll. Gli unici capelli non inghiottiti dalla stempiatura sono unti e bisunti. Ha l'aria molto trasandata ed è vestito male. Ha le braghe di una tuta vecchia, una maglia tutta slabrata e un cappotto infilato storto. Sembra che mastichi in continuazione qualcosa, ma non ha nulla in bocca.
A guardare la sua espressione sembra che abbia la mente completamente vuota. È lì che rumina, brutto e trasandato.

Passano una decina di minuti, in silenzio, poi si gira goffamente e mi guarda con un'espressione incomunicabile. I suoi occhi sono sempre vuoti, sembrano quelli di una trota, ma a uno sguardo più attento sono profondi, sono due tunnel umidi e acquosi.
Il tempo è grigio. Fa sempre molto freddo. Stiamo attoniti, seduti su due muretti di cemento, uno di fronte all'altro. Il prato attorno a noi è spettinato dal vento, e dalla terra spuntano, come croci nei cimiteri, antenne metalliche su cui si posano non curanti uccellacci neri dal becco giallissimo e il verso gracchiante. Alla mia destra c'è un palazzo di recente costruzione, alle numerose finestre vanno e vengono sguardi fugaci di presenze invadenti. Mi sento osservato, spiato. Nel silenzio infinito di quei momenti gli sguardi inquisitori appesantiscono la mia coscienza. È tutto innaturale e già da un pezzo mi chiedo cosa stia per succedere e per quale motivo io debba stare lì, a sopportare questa situazione insostenibile.
Atmosfera pesante ed elettrica. Il vuoto mi passa tra i capelli e non sento alcun rumore. Nell'ovattata ansia che mi spinge a pensare al passato percepisco ora uno scopo preciso. Sento che l'uomo paffuto e grottesco, col suo grugno da Mussolini deformato, mi deve dare delle risposte.

“Non ti darò delle risposte”, attacca a parlare l'uomo, “ti dirò ciò che sai già, anzi. Ti dirò tutte quelle cavolate noiose che già ti rimbombano nella testa. Forse, sei qui solo per farti del male, per ascoltare ancora le tue inadeguatezze. Beh, io non ho problemi a rigirare il coltello nella piaga, non sono miei né il coltello né la piaga”. La sua voce è da burbero e i suoi occhi a palla non si fermano un attimo, rimbalzando continuamente da una cosa all'altra. Occhi vitrei e gelatinosi.
“Vivi nel passato. Sei un imbalsamatore di momenti. Già, perché, se nel presente scavi fosse, nel passato fai l'imbalsamatore. Tutto è eretto a monumento, lo vedi? Che siano statue di bronzo belle e lucidate, che siano ammuffiti bozzetti di legno puzzolente, che siano modelli marmorei decadenti, tutto è innalzato a essere qualcosa che non era. Non ricavi niente dal culto di queste cose, ma non riesci a non farlo, non riesci a fermarti”.
Accendo una sigaretta e, nel farlo, le mie mani tremano. Sono mani fredde e sudate.
"La vita è in un altro luogo - riprende l'uomo - e ti chiama con un illusorio canto da sirena. La vita non è un bene, non è una cosa splendida, è meschina invece, striscia ed è viscida, ma è il luogo in cui sei obbligato ad andare. Non perchè sia una cosa importante da vivere, ma semplicemente perchè le cose sono come sono. E tu, caro ragazzo, invece di eseguire il volere della vita, ti incateni a quei pesi enormi che chiamiamo ricordi. A quei macigni tu stai appeso. Ma il problema è che prima o poi la vita ti chiamerà più forte e le catene saranno troppo strette per esser sciolte. La vita è ingorda, ti mangerà, ti divorerà e ti consumerà con il suo suono onnipotente. Incastrato tra quel passato roccioso e la vita che risucchia non avrai nemmeno il tempo di pensare. Solo tramite la vita si muore e tu, incastrato come sei, rimarrai dilaniato tra queste forze senza avere pace".

Catene, catene a cui mi lego indissolubilmente. Identità e oppressione sono due cose indivisibili. Non può esistere passato senza tentacoli prensili. Non esistono ricordi che non siano macigni che legano le persone al proprio passato. é tutta colpa della visione lineare della storia, ma sono legato troppo anche a essa. Non l'abbandonerò, non tradirò il passato, anche se tormentoso.

L'uomo si gira dall'altra parte, guarda in direzione di un rumore lontano. Sbadiglia vistosamente e si gratta la pancia. Lui non è una persona comune. Lui sa di perdere la vita in futilità quotidiane, sa che è meglio fare così. Butta la sua vita in piccolezze e momenti morti, annoiato. Si capisce però che è cosciente del suo comportamento. Brama la propria dissoluzione, lui è davvero divorato dalla vita e non ha ancore nè catene con cui tenersi stretto al passato. Lui è il divenire, lui è la dissoluzione cosciente. Non trova felicità in nulla e neanche tormento. é perso. Perso nella vita che scorre.

"Vattene via", mi dice. Io meccanicamente mi alzo, lo guardo un ultima volta, ma non riesco a incrociare il suo sguardo fugace. Lui non c'è, in realtà. Lui è la vera vita, dilaniante attesa che nel suo svolgersi è tutt'uno con la morte.

to be continued...

venerdì 25 marzo 2011

Numero Uno: Vecchio&Nuovo

Vive!
Novello Prometeo, rapsodia di corpi di testo, Mostro di cellulosa e pixel, abominio pulsante.
Malingut esiste e spande le sue appendici tentacolari nel web, sornione come una verruca, pronto ad infettare con spore narrative il Mal-capitato lettore.
Prendete e scaricatene tutti, questo è il nostro Malingut offerto in sacrificio per voi: